"...il Reishiki non solo è un insieme di norme è uno
strumento per la difesa dello spirito
culturale della disciplina nei suoi principi educativi, ma è anche parte
di ciò che permette di essere gruppo, che condivide la necessità della
mutualità tra i praticanti..."
Reishiki e
una parola giapponese che noi traduciamo generalmente e semplicemente con la
parola etichetta. E per una volta la semplicità della traduzione è una buona
cosa. Reishiki è composta da due caratteri: REI che significa saluto cortesia
etichetta, e SHIKI che significa: cerimoniale, formalità, rito, regola
dell’arte, ufficiale.
Lo stesso carattere REI è composto da due radicali:
Shimesu da una parte e Utaka. Shimesu contiene il senso di mostrare o mettere
in evidenza Utaka quello di ricchezza. Nell'insieme si può dire che il
carattere Rei significa mettere in evidenza la propria ricchezza interiore.
Come capita sovente nella lingua giapponese esistono e sono impiegate altre
espressioni per esprimere etichetta: Reigi Reigi-saho, Rei-ho, Rei-san, Rei
setsu, Gi-rei, etc. , ma è questa parola Reishiki che è maggiormente utilizzata
in occidente e che, globalmente, esprime al meglio l'etichetta del Budo.
Non è
il fine di questo scritto presentare una definizione esaustiva del senso di etichetta,
è sufficiente dire che essa costituisce un aspetto tecnico ed educativo
altrettanto importante per l'evoluzione del praticante di qualsiasi altra base
tecnica che egli sia chiamato studiare in Aikido (o negli altri Budo). Privato
del concetto di Reishiki, i Budo non sono che dei metodi violenti di
combattimento. La padronanza dell' etichetta è dunque una manifestazione di un
alto livello di padronanza della disciplina. D'altro canto, Reishiki può essere
il primo risultato concreto che il praticante lascerà trasparire nella vita di
tutti i giorni, vale a dire fuori dal tatami. Poichè in effetti egli avrà
certamente più occasioni di fare uso quotidiano di Reishiki che delle proprie
tecniche di combattimento. Allo stesso modo, deve essere chiaro che il Reishiki
non è qualche cosa di fisso, una sorta di rituale immutabile, in cui sia
sufficiente seguire delle formule per fare bene. Esso è vivente e nessuna
esecuzione meccanica potrà mai rimpiazzare la vera comprensione del senso
profondo di Reishiki. Si tratta piuttosto di un linguaggio senza parole in cui
l'esecuzione corretta, dettata da una percezione giusta delle circostanze,
permette ai praticanti di esprimere una attitudine, un senso e una
comprensione, morbida e piena di sfumature, di se stesso e del suo posto nel
qui ed ora. Questo scritto non vuole essere una tavola di pietra su cui è
incisa un Reishiki immutabile ed obbligatorio (un pericolo sempre presente che
minaccia ogni idea messa per iscritto). Esso tenta piuttosto di definire le
grandi linee da rispettare e propone in maniera generale, ma nondimeno corretta
e conveniente, lo svolgimento di Reishiki nel corso ad esempio degli esami.
Il Reishiki
fa parte del primo criterio (conoscenza formale delle tecniche). Gli elementi
osservabili devono essere il riflesso di uno stato dello spirito armonizzato ai
principi dell'Aikido (modestia, perdita dell'aggressività, dell'orgoglio,
essere senza ostentazione).
Durante il
passaggio di grado (o esame) il rispetto di Ukè e la concentrazione fanno parte
di Reishiki.
E' da notare che in un Dojo, il Kamiza costituisce il
punto di riferimento attorno al quale tutto è orientato.
Durante gli esami
il candidato deve essere in grado di dimostrare la propria comprensione di
etichetta attraverso la sicurezza che egli dimostra nell' esecuzione di
Reishiki in tutte le situazioni. Vale adire attraverso la percezione e la
valutazione corretta della situazione, egli sa quello che deve fare, come lo
deve fare, e in quale momento, e perché. Egli non deve inoltre aver bisogno di
ricorrere qualsiasi aiuto di altri (il compagno, gli altri candidati ) per
essere rassicurato sulla propria esecuzione di Reishiki. Il candidato si assume
la responsabilità di se stesso in coordinazione con la situazione globale dello
esame. Egli prende carico di se stesso nel qui ed ora.